Mai nella storia del nostro Paese sono stati effettuati così tanti arresti per crimini contro l’ambiente come nel 2017. E mai si erano viste tante inchieste sui traffici illeciti di rifiuti come nell’anno passato. Sono questi alcuni dei dati più significativi - e incoraggianti - che emergono dal Rapporto Ecomafia 2018 “Le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia” curato come sempre da Legambiente e presentato nella Sala della Lupa presso la Camera dei Deputati con il sostegno di Cobat e Novamont.
Le autorità intervenute si sono confrontate in merito alle normative esistenti, ai risultati raggiunti e alle nuove strategie da mettere in campo per contrastare al massimo le ecomafie. Al tavolo dei relatori, tra gli altri, Stefano Ciafani (presidente nazionale di Legambiente), Federico Cafiero De Raho (Procuratore Nazionale Antimafia), Salvatore Micillo (Sottosegretario del Ministero dell’Ambiente), Giancarlo Morandi (presidente di Cobat), Paolo Arrigoni (Questore del Senato) e Rossella Muroni (Commissione Ambiente della Camera).
Molto interessanti i dati presentati durante il convegno. Nel 2017 le ordinanze di custodia cautelare emesse per reati ambientali sono state 538, quasi il 140% in più rispetto all’anno precedente. Un risultato da attribuire, verosimilmente, al rigore nell’applicazione della Legge 68 del 2015 sugli ecoreati, grazie alla quale di arresti ne sono stati contati ben 158, secondo i dati forniti dal Ministero di Giustizia, soprattutto per inquinamento ambientale (92) omessa bonifica (29) e disastro ambientale (21), e al forte rilancio dell’azione repressiva contro i trafficanti di rifiuti: sempre nel 2017 le inchieste per “traffico organizzato” sono state 76 con 177 arresti e 232 sequestri. Più che raddoppiati i trafficanti denunciati (992, contro i 463 del 2016), mentre i rifiuti sequestrati dalle 556.000 tonnellate del 2016 sono arrivati a 4,5 milioni di tonnellate, otto volte di più. Se volessimo dare un’immagine del numero di tir ipoteticamente necessari per movimentarli, ne servirebbero 181.287, che messi in fila farebbero una strada ininterrotta da Trapani a Berlino, per un totale di 2.500 chilometri.
A ribadire l’elevata pressione criminale nel settore dei rifiuti è il dato che illustra come in questo ambito si sia concentrata la percentuale più alta di illeciti, che sfiorano il 24% (7.312 contestazioni da parte delle forze dell’ordine), più dei delitti contro animali e fauna selvatica (22,8%), degli incendi boschivi (21,3%) e del ciclo del cemento (12,7%). Se a tutto questo si aggiunge la recrudescenza di incendi divampati negli impianti di gestione del trattamento in tutta Italia, appare evidente come il settore dei rifiuti sia il cuore pulsante delle strategie ecocriminali. Se da un lato crescono gli arresti e si afferma sempre di più la forza della legge contro gli illeciti ambientali, dall’altro torna purtroppo a crescere il fatturato delle ecomafie, che sale a quota 14,1 miliardi, con un incremento pari al 9,4%, “merito” soprattutto della lievitazione nel ciclo dei rifiuti, nelle filiere agroalimentari e nel racket animale e vegetale. La sempre più diffusa applicazione della Legge 68 e il boom delle inchieste sui traffici illegali di rifiuti sono anche all’origine dell’incremento registrato quest’anno degli illeciti ambientali (30.692, con una media di 84 al giorno) e del numero di persone denunciate (39.211, + 36%). Dal 1992 al 2017 i reati ambientali accertati sono diventati 680.468 con 551.592 persone denunciate o arrestate, più o meno quanto gli abitanti di una città come Genova. Su scala nazionale e considerando l’intera mole di reati ambientali, al primo posto di questa triste classifica si piazza la Campania (4.382 illeciti, pari al 14,6% del totale nazionale), seguita da Sicilia (3.178), Puglia (3.119), Calabria (2.809) e Lazio (2.684).
«Un segnale forte, quello confermato dai dati delle forze di Polizia e delle Procure, a pochi mesi dall’approvazione del Pacchetto europeo sull’Economia circolare che vede il tema dei rifiuti quale nodo strategico per la legalità e il benessere di un Paese - si legge nel Rapporto stilato da Legambiente - Un’azione repressiva che testimonia da un lato, la persistenza dell’azione degli ecocriminali, e dall’altra, una buona capacità di risposta delle nostre Istituzioni». Un tema ripreso dal presidente Stefano Ciafani. «Il Rapporto Ecomafia 2018 sancisce la definitiva consacrazione della Legge 68 sugli ecoreati - commenta il numero uno dell’associazione ambientalista - I dati forniti da Forze di Polizia, Ministero della Giustizia, e Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, costituito da Ispra e Arpa, delineano un quadro da una parte preoccupante per la pervasività dell’azione della criminalità ambientale in Italia, e dall’altro rassicurante perché il sistema giudiziario utilizza sempre di più i nuovi strumenti a disposizione degli inquirenti contro l’illegalità ambientale. Emerge un’azione di repressione sempre più forte contro i cosiddetti ladri di futuro. Un lavoro importante che va ora completato con ulteriori normative per il settore».
Tra i soggetti in prima fila per la legalità in campo ambientale c’è anche Cobat. «Da 30 anni il nostro Consorzio si occupa della gestione del fine vita dei beni immessi sul mercato, e da 30 anni i princìpi che lo animano sono quelli della trasparenza e della legalità - sottolinea il presidente Giancarlo Morandi - Valori che ben si sposano con la nostra mission, quella di rendere le aziende protagoniste dell’economia circolare».