Dicembre n°3 2023

2005

Nell’autunno del 2005 una delegazione Cobat raggiunge Puno, cittadina peruviana sulle sponde del Lago Titicaca a 4000 metri s.l.m. Qui Cobat si affianca a Inkatec, associazione no-profit tedesca che già lavora in Perù da anni per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni andine e, in ottemperanza alle direttive UNEP sulla responsabilità sociale d’impresa, finanzia corsi di formazione professionale con il progetto “Solar power for Puno”. La missione prevede di fornire ad alcune scuole di indirizzo tecnico competenze, macchine e materiali affinchè un centinaio di ragazzi possano imparare a costruire pannelli termici solari per la produzione di acqua calda. Dopo i passaggi teorico- formativi, la prima fornitura di materiali consentirà loro di produrre pannelli termici solari per l’acqua calda ed immetterli sul mercato locale a prezzi molto contenuti ma sufficienti per avviare un sistema artigianale virtuoso. Col ricavato acquisteranno altro materiale e produrranno altri pannelli. Questi studenti della scuola professionale di Puno termineranno gli studi avendo già avviato una loro attività. Inoltre, contribuiranno, onestamente e nel rispetto dell’ambiente, al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione locale in un territorio poverissimo, dove a vincere sono solo i tour operator che trasportano i turisti sulle acque cristalline dello splendido e gelido Lago Titicaca o i traffici poco chiari che avvengono sul confine con la Bolivia. Nel 2005 le cifre ufficiali in Perù parlano ancora di una mortalità infantile del 50% nel primo anno di vita, la maggior parte per complicanze polmonari causate dall’altitudine, dal freddo e dalle molto precarie condizioni igienico-sanitarie. “Un arcobaleno sul Titicaca”, il documentario realizzato nel corso della missione, è davvero speranza in un futuro migliore. 

2007

Nel biennio 2007 - 2008, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, del Territorio e del Mare, Cobat finanzia l’installazione di pannelli fotovoltaici per illuminare il Tibetan Children’s Village in Ladakh, nell’India del Nord. Il villaggio, posto a 3500 metri di quota e voluto da S.S. Il Dalai Lama Tenzin Gyatso in persona, accoglie 1.500 bambini tra i 3 e i 17 anni, orfani o figli di profughi tibetani in esilio. Il sopralluogo tecnico eseguito nel 2007 fu anche l’occasione per portare al Tibetan Children’s Village del Ladakh 532 colli di grande dimensione con materiali e beni di prima necessità per la comunità. Per far ciò, dopo aver sdoganato tutta la merce, si organizzarono tre autocarri scortati dai componenti la spedizione Cobat-Italian Amala Onlus e si percorsero in carovana quasi 1.000 chilometri di strada attraverso la catena Himalayana. Sei giorni di viaggio: se i primi cinquecento chilometri da Delhi a Manali potevano considerarsi accettabili, nell’anno 2007 i rimanenti 480 km. della Manali - Leh erano considerati oggettivamente “difficili” e tra i più pericolosi al mondo.Quattro i valichi da attraversare, sempre a quote superiori: il Rothang-Là (3980 m slm), il Baralacha-Là (4892 m slm) il Lachlung-Là (5060 m slm) il Tanglang-Là (5360 m slm). Carcasse di auto e camion caracollati giù per le scarpate fino in fondo ai burroni non erano infrequenti, come i passaggi, sempre non protetti, intagliati su instabili versanti. Frane, immense buche e scrosci d’acqua invadevano a tratti la carreggiata. Per il team Cobat - Italian Amala, quel viaggio attraverso l’Himalaya fu un vero, continuo esercizio di imperturbabilità, oggetto di apprezzamento da parte del Dalai Lama.

Il Tibetan Children Village del Ladakh si trova a Choglamsar, piccolo agglomerato a pochi chilometri da Leh, la capitale ladakha. Per questi orfani o figli di nomadi tibetani in esilio, il TCV è un’ancora di salvezza: qui sono accolti e vivono, sono accuditi e ricevono pasti regolari, frequentano le scuole e crescendo, indipendentemente dai percorsi scolastici, imparano a gestirsi anche nei lavori del quotidiano (lavare, tenere in ordine e puliti se stessi e la casa, cucinare). La povertà è tanta eppure negli occhi di questi bambini i componenti la spedizione leggono serenità. Essi conoscono e comprendono e contraccambiano il bene che ricevono dai volontari di Italian Amala che li sostengono a distanza. Cresceranno, e grazie allo studio, potranno determinare il loro futuro con più facilità. Saranno uomini e donne liberi e non dimenticheranno il valore del donare.

Oltre al Villaggio principale, il TCV ha dislocato piccole scuole nei territori più remoti del Ladakh e centri per l’accoglienza degli anziani bisognosi. Gli scatti fotografici di queste pagina sono di Sumdo nel Jangthang, un territorio desertico d’alta quota tra i 4000 e i 4600 s.l.m., abitato per lo più dai nomadi. Qui, dal mese di settembre, le temperature scendono sotto lo zero fino a toccare -30° in pieno inverno.

Nell’agosto 2010 il Ladakh fu investito da una devastante alluvione con più di mille morti nell’area Leh - Choglamsar. L’intero campo profughi tibetano venne distrutto da una colata di fango e sassi, ma non il villaggio dei bambini e l’impianto dei pannelli fotovoltaici installati da Cobat. Il Consorzio, tramite Italian Amala Onlus, volle comunque finanziare parte della ricostruzione del campo profughi e nel 2011 promosse un documentario per far conoscere questa lontana realtà.