Maggio n°1 2022

Italia

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La buona notizia che forse non ti aspetti. In Italia la percentuale di riciclo di tutti i rifiuti ha raggiunto quasi il 68%, con una crescita di ben 9 punti tra il 2010 e il 2018 a fronte di una media europea pressoché invariata. Si tratta del dato più elevato a livello UE. Sul fronte dell’economia circolare il nostro Paese è poi riuscito a migliorare alcuni indicatori di circolarità rispetto ad altri, conquistando le prime posizioni nella classifica sul “tasso di uso circolare dei materiali” che vede l’Italia a quota 21,6% rispetto alla media UE ferma al 12,8%.

I dati emergono dal Rapporto sull’economia circolare in Italia 2022, elaborato dal Circular Economy Network in collaborazione con Enea, che consente ogni anno di valutare le performance del nostro Paese e lo stato di attuazione del Piano d’azione europeo nell’ambito della transizione ecologica. Lo studio del CEN si basa sugli indicatori della Carta di Bellagio - un sistema di monitoraggio europeo della circular economy - ed
evidenzia come la pandemia prima e la crisi ucraina poi, pur non essendo le cause esclusive, abbiano rallentato la crescita di questo paradigma di sviluppo sostenibile. Tra il 2018 e il 2020, il tasso di circolarità è infatti sceso dal 9,1% all’8,6%.

Ovviamente, non sono tutte rose e fiori. Per quanto riguarda consumi e sprechi, l’Italia non ha infatti centrato l’obiettivo del disaccoppiamento tra crescita del PIL e uso di materie prime che indicherebbe buone performance di circolarità dell’economia. Nonostante ciò, il nostro Paese resiste comunque e nel quadro delle prime cinque economie europee si posiziona al primo posto per gli indicatori più importanti di circolarità, insieme alla Francia.

Sul fronte del riciclo dei rifiuti l’Italia ha avviato a riciclo la quota maggiore di rifiuti speciali rispetto agli altri Paesi presi in esame, ovvero circa il 75%. Per quanto riguarda i rifiuti urbani (il 10% dei rifiuti totali generati nell’Unione Europea) l’obiettivo di riciclo è del 55% al 2025, del 60% al 2030 e del 65% al 2035. Secondo i dati diffusi, nel 2020 nell’UE 27 è stato riciclato il 47,8% dei rifiuti urbani; in Italia il 54,4%. Sempre nel 2020 i rifiuti urbani avviati in discarica in tutta l’UE sono stati il 22,8%. Dopo la Germania, le migliori prestazioni sono quelle di Francia (18%) e Italia (20,1%).

E poi ci sono quei settori in cui il nostro Paese proprio non riesce a decollare. Come, ad esempio, il consumo del suolo: in Italia il 7,1% del territorio nel 2018 risultava coperto da superficie artificiale (la Polonia era al 3,6%, la Spagna al 3,7%, la Francia al 5,6% e la Germania al 7,6%). Anche per l’ecoinnovazione la situazione non è rosea: nel 2021, dal punto di vista degli investimenti in questo settore, l’Italia si piazza al 13° posto nell’UE con un indice di 79. La Germania è a 154. Infine, la riparazione dei beni: in Italia nel 2019 oltre 23.000 aziende lavoravano alla riparazione di beni elettronici e di altri beni personali (vestiario, calzature, orologi, gioielli, mobilia, ecc...). Siamo dietro alla Francia (oltre 33.700 imprese) e alla Spagna (poco più di 28.300). In questo settore abbiamo perso quasi 5.000 aziende (circa il 20%) rispetto al 2010.

Non va poi dimenticato il valore aggiunto della circular economy anche sul fronte occupazionale, come ha ricordato nella sua analisi al Rapporto CEN Edo Ronchi, ex ministro dell’Ambiente e presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. “La circolarità aumenta i posti di lavoro - si legge nel documento presentato da Ronchi - Si stima che un aumento della produttività delle risorse dell’1% abbia un impatto di crescita dello 0,5% dell’occupazione. Ora occorre utilizzare al meglio la spinta delle riforme e dei finanziamenti del Pnrr. La selezione dei progetti dovrebbe essere fatta utilizzando criteri coerenti con il Piano di azione europeo, premiando l’innovazione tecnologica. Nell’ambito della legge delega di riforma fiscale vanno quindi favorite le misure volte alla riparazione dei beni e al riciclo”.