Il SISTRI, Sistema di Controllo della Tracciabilità dei Rifiuti, vide la luce nel 2010 con l’intento di attuare una semplificazione del processo di gestione e tracciabilità dei rifiuti ma riuscì ad entrare in vigore solo nel 2013 tra proteste, rinvii e malfunzionamenti.
Da allora i disagi per le imprese che trattavano i rifiuti pericolosi non sono mai finiti.
Un sistema che doveva semplificare e rendere trasparente il ciclo di fine vita dei rifiuti abbattendo anche i costi sostenuti dalle imprese del settore si rivelò da subito un costoso e maldigerito flop.
Ora la notizia, già annunciata dal Ministro dell’Ambiente Costa all’inizio del suo mandato, è quasi certezza: dal primo gennaio 2019 il Sistri dovrebbe essere soppresso. Lo stabilisce l’articolo 23 della bozza del decreto Semplificazioni che sarà in esame al Consiglio dei Ministri: vi si specifica peraltro che i contributi a carico degli operatori, già previsti dalla Legge 78/2009 e dall’art. 7 del Decreto ministeriale 78/2016, non saranno più dovuti.
Ma rottamato il Sistri che accadrà?
Sempre l’articolo 23 del DL Semplificazioni di prossima approvazione specifica che fino alla definizione e alla piena operatività di un nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti che sarà organizzato e gestito dal Ministero dell’Ambiente si torneranno a seguire le vecchie disposizioni pre Sistri: quindi registri, formulari e MUD di carta, fatta salva la possibilità di registro e formulario in formato digitale.
L’auspicio è che nel ripensare il nuovo metodo di controllo e tracciabilità possano essere messi “a sistema” le varie comunicazioni in formato digitale già esistenti senza ulteriori aggravi per le imprese, siano esse ore lavoro, software, oneri o balzelli vari.