Marzo n°1 2021

Ecomafie

Foto da: Adobe Stock

In Italia non si ferma il “virus” delle ecomafie e del traffico illecito di rifiuti. È quanto emerge dall’ultimo Rapporto Ecomafia 2020 curato dall’Osservatorio nazionale ambiente e legalità (Onal) di Legambiente e pubblicato da Edizioni Ambiente, con il sostegno di Cobat. Nel 2019 sono aumentati i reati contro l’ambiente: sono ben 34.648 quelli accertati, alla media di 4 ogni ora, con un incremento del 23.1% rispetto al 2018. In particolare preoccupa il boom degli illeciti nel ciclo del cemento, al primo posto della graduatoria per tipologia di attività ecocriminali, con ben 11.484 casi (+74,6% rispetto al 2018), che superano nel 2019 quelli contestati nel ciclo di rifiuti che ammontano a 9.527 (+10,9% rispetto al 2018). Da segnalare anche l’impennata dei reati contro la fauna, 8.088, (+10,9%) e quelli connessi agli incendi boschivi con 3.916 illeciti (+92,5%).

Anche questa volta il testo presenta dunque una dettagliata analisi dei dati, frutto dell’attività svolta da forze dell’ordine, capitanerie di porto e magistratura, insieme al lavoro del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, del Ministero della Giustizia e di Cresme consulting.

Due gli argomenti che emergono con forza dall’edizione 2020 riferita a quanto accaduto nell’anno precedente: il traffico internazionale di rifiuti e il crescente fenomeno degli incendi agli impianti di trattamento degli scarti. Sul fronte delle buone notizie, viene confermata la validità della legge sugli ecoreati, con Legambiente che chiede di completare al più presto il quadro normativo di contrasto all’aggressione criminale ai tesori del nostro Paese.

Il volume - a cui hanno collaborato giornalisti e ricercatori come Rosy Battaglia, Fabrizio Feo, Toni Mira e Marco Omizzolo - è stato presentato on line sulle pagine Facebook di Legambiente e La Nuova Ecologia. Il lavoro di ricerca, analisi e denuncia è stato dedicato quest’anno al consigliere comunale Mimmo Beneventano, ucciso dalla camorra il 7 novembre del 1980, antesignano delle battaglie di Legambiente contro l’assalto speculativo e criminale a quello che è oggi il Parco nazionale del Vesuvio; e a Natale De Grazia, il capitano di corvetta della Capitaneria di Porto di Reggio Calabria scomparso 25 anni fa mentre indagava sugli affondamenti delle cosiddette navi “dei veleni” nel mar Tirreno e nello Ionio.

Tornando ai dati, il Rapporto Ecomafia 2020 fotografa uno scenario ancora allarmante. Da capogiro, infatti, il business potenziale complessivo dell’ecomafia, stimato in 19,9 miliardi di euro per il solo 2019, e che dal 1995 a oggi ha toccato quota 419,2 miliardi. A spartirsi la torta, insieme ad imprenditori, funzionari e amministratori pubblici collusi, sono stati 371 clan (3 in più rispetto all’anno prima), attivi in tutte le filiere: dal ciclo del cemento a quello dei rifiuti, dai traffici di animali fino allo sfruttamento delle energie rinnovabili e alla distorsione dell’economia circolare.

Per quanto riguarda la “mappa” degli illeciti ambientali sul territorio italiano, la Campania è ancora una volta in testa alle classifiche con 5.549 reati contro l’ambiente, seguita da Puglia, Sicilia e Calabria (prima regione del Sud come numero di arresti). E, come ogni anno, in queste quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa si concentra quasi la metà di tutti gli illeciti penali accertati grazie alle indagini, esattamente il 44,4%. La Lombardia, da sola, con 88 ordinanze di custodia cautelare, colleziona più arresti per reati ambientali di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia messe insieme, che si fermano a 86.

In generale, anche nel 2019 il ciclo dei rifiuti resta il settore maggiormente interessato dai fenomeni più gravi di criminalità ambientale: sono 98 gli arresti (+112,9% rispetto al 2018) e 3.552 i sequestri con un incremento del 14,9%. Per quanto riguarda le inchieste sui traffici illeciti di rifiuti, dal primo gennaio 2019 al 15 ottobre 2020 ne sono state messe a segno 44, con 807 persone denunciate, 335 arresti e 168 imprese coinvolte. Quasi 2,4 milioni di tonnellate di rifiuti sono finiti sotto sequestro (la stima tiene conto soltanto dei numeri disponibili per 27 inchieste), pari a una colonna di 95.000 tir lunga 1.293 chilometri, poco più della distanza tra Palermo e Bologna.

A crescere è anche il numero di inchieste sulla corruzione ambientale, quelle rilevate da Legambiente dal primo giugno 2019 al 16 ottobre 2020 sono state 134, con 1.081 persone denunciate e 780 arresti (nel precedente Rapporto le inchieste avevano toccato quota 100, con 597 persone denunciate e 395 arresti). Il 44% delle inchieste ha riguardato le quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso, con la Sicilia in testa alla classifica (27 indagini). Da segnalare, anche in questo caso, il secondo posto della Lombardia, con 22 procedimenti penali, seguita dal Lazio (21). Nella Terra dei Fuochi, nel 2019, sono tornati a crescere di circa il 30% i roghi censiti sulla base degli interventi dei Vigili del fuoco, arrivati a sfiorare quota 2.000. Preoccupanti anche i dati sugli incendi boschivi scoppiati nella Penisola: nel 2019 sono andati in fumo 52.916 ettari tra superfici verdi e non, con un incremento del 261,3% rispetto al 2018. I reati accertati sono stati 3.916, con una crescita del 92,5% sull’anno precedente.

Il Rapporto descrive infine le illegalità sulla gestione degli Pneumatici fuori uso (PFU), buste di platica e gas HFC. Le stime fanno oscillare i flussi di pneumatici messi illegalmente in commercio tra le 30.000 e le 40.000 tonnellate annue, con il mancato versamento del contributo ambientale per circa 12 milioni di euro e un’evasione dell’Iva di circa 80 milioni. Secondo l’Osservatorio di Assobioplastiche, in Italia vengono commercializzate circa 23.000 tonnellate di buste usa e getta fuori legge, per un valore complessivo di 200 milioni di euro. In media, su 100 buste in circolazione 30 sarebbero fuori norma. Il mercato parallelo e illegale di gas HFC ammonterebbe nel 2019 in Europa ad almeno 3.000 tonnellate. In termini di impatto ambientale, questo commercio illecito può essere valutato in circa 4,7 milioni di tonnellate equivalenti di Co2, pari alle emissioni generate dall’utilizzo medio annuale di 3,5 milioni di automobili di ultima generazione.

Se da un lato la situazione degli illeciti ambientali è dunque ancora preoccupante, dall’altro incoraggia “l’efficacia degli anticorpi”. Oltre alle denunce dei cittadini, alle attività svolte da forze dell’ordine e magistratura, si conferma la validità di provvedimenti legislativi, spesso faticosamente approvati, come la legge sugli ecoreati (68/2015) e quella contro il caporalato, la 199/2016. Con il primo provvedimento, entrato in vigore a fine maggio del 2015, l’attività svolta dalle Procure, secondo i dati elaborati dal ministero della Giustizia, ha portato all’avvio di 3.753 procedimenti penali (quelli archiviati sono stati 623), con 10.419 persone denunciate e 3.165 ordinanze di custodia cautelare emesse. Grazie alla legge sul caporalato, nel 2019 le denunce penali, amministrative e le diffide sono state complessivamente 618 (+313,7%) e sono più che raddoppiati gli arresti, passati da 41 a 99. Le aziende agricole sono quelle più coinvolte, ma i controlli sui cantieri edili effettuati dal Comando carabinieri tutela del lavoro stanno rivelando un’illegalità sempre più diffusa, con 2.766 reati, 3.140 persone denunciate e 32 sequestri.

La presentazione del Rapporto Ecomafia 2020 è stata anche l’occasione per ricordare quanto sia importante completare il quadro normativo di contrasto all’aggressione criminale verso i tesori del nostro Paese, a partire dall’approvazione dei seguenti provvedimenti legislativi: il ddl Terra Mia, che introduce nuove e più adeguate sanzioni in materia di gestione illecita dei rifiuti; i regolamenti di attuazione della legge 132/2016 sul Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente; il disegno di legge contro le agromafie, licenziato dal governo nel febbraio di quest’anno e ancora fermo alla Camera; il disegno di legge contro chi saccheggia il patrimonio culturale del nostro Paese, l’approvazione dei delitti contro la fauna per fermare bracconieri e trafficanti di animali, promessa che si rinnova da oltre venti anni senza atti normativi concreti.

«I dati e le storie presentati in questa nuova edizione del Rapporto Ecomafia raccontano un quadro preoccupante sulle illegalità ambientali e sul ruolo che ricoprono le organizzazioni criminali, anche al Centro Nord, nell’era pre Covid - dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - Se da un lato aumentato i reati ambientali, dall’altra parte la pressione dello Stato, fortunatamente, non si è arrestata.

Anzi. I nuovi strumenti di repressione garantiti dalla legge 68 del 2015, che siamo riusciti a far approvare dal Parlamento dopo 21 anni di lavoro, stanno mostrando tutta la loro validità sia sul fronte repressivo sia su quello della prevenzione. Non bisogna però abbassare la guardia, perché le mafie in questo periodo di pandemia si stanno muovendo e sfruttano proprio la crisi economica e sociale per estendere ancora di più la loro presenza. Per questo - continua Ciafani - è fondamentale completare il quadro normativo: servono nuove e più adeguate sanzioni penali contro la gestione illecita dei rifiuti, i decreti attuativi della legge che ha istituito il Sistema nazionale protezione ambiente, l’approvazione delle leggi contro agromafie e saccheggio del patrimonio culturale, l’introduzione di sanzioni penali efficaci a tutela degli animali e l’accesso gratuito alla giustizia per le associazioni che tutelano l’ambiente. Noi non faremo mancare il nostro contributo per arrivare entro la fine della legislatura all’approvazione di queste riforme fondamentali».