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pastello piombo

Il pastello di piombo, derivante dalla frantumazione delle batterie al piombo, per il momento, resta un rifiuto e dunque non può essere reimmesso nel ciclo produttivo per produrre nuovi accumulatori. Il Consiglio di Stato ha infatti sospeso l’espressione del parere sul regolamento del ministero della Transizione Ecologica per la cessazione della qualifica di rifiuto, in altri termini l’end of waste, del pastello di piombo. I motivi? Sostanzialmente due: servono chiarimenti e integrazioni.

Lo stop del Consiglio di Stato, in realtà, non è uno stop, ma un invito a rendere più efficace e chiaro il testo dello schema di regolamento. I giudici amministrativi ribadiscono che l’obiettivo dell’intervento normativo è definizione di criteri tecnici ed ambientali affinché la produzione del pastello di piombo, derivante dal trattamento di rifiuti di pile e accumulatori, ivi comprese le fasi propedeutiche quali raccolta e trasporto, avvenga senza pericolo per la salute dell’uomo e senza pregiudizio per l’ambiente e, in particolare, per l’acqua, l’aria, il suolo e per la fauna e la flora.

I giudici citano anche i vantaggi ambientali derivanti dal ricorso al pastello di piombo in luogo della galena (solfuro di piombo):

- riduzione delle emissioni di CO2; “bassissimo o quasi nullo il contenuto di elementi indesiderati quali: cadmio (Cd), selenio (Se), tallio (Tl), mercurio (Hg), antimonio (Sb), arsenico (As) rispetto alla galena tradizionale;
- l’umidità di un pastello, mediamente è del 15%, contro il 6% medio di una galena, quindi il pastello di piombo è particolarmente adatto per essere trasportato e movimentato senza spargimento di polveri nell’ambiente;
- il pastello non contiene diossido di silicio (SiO2) e monossido di ferro (FeO), per cui non si producono, durante la fase fusoria, scorie industriali destinate allo smaltimento in apposita discarica;
- il basso contenuto in zolfo (S), che si aggira sul 5% circa contro il 18% in media delle galene, fa sì che i volumi di diossido di silicio (SO2) che si sviluppano durante la fase fusoria siano notevolmente più bassi”.

Il Consiglio di Stato, oltre ai vantaggi ambientali, cita anche il notevole peso strategico dell’utilizzo del pastello di piombo nel settore metallurgico, in quanto consentirebbe di lavorare le galene comunemente reperibili e che presentano un contenuto in piombo relativamente basso, arricchendole del tenore di piombo.

E allora perché il Consiglio di Stato ha sospeso l’espressione del parere? Per la sezione consultiva degli atti normativi, che ha espresso un parere pubblicato il 29 marzo 2021, servono numerosi chiarimenti e integrazioni documentali prima di dare il via libera definitivo al provvedimento.

Innanzitutto, i giudici partono dai criteri specifici che devono essere soddisfatti nel processo di trasformazione di un rifiuto in prodotto:

- la sostanza o l’oggetto risultante deve essere comunemente utilizzato per scopi specifici;
- l’esistenza di un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
- la sostanza o l’oggetto deve soddisfare i requisiti tecnici rispondenti agli scopi specifici e rispettare la normativa e gli standard vigenti, applicabili ai prodotti;
- l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non deve determinare impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

Il Consiglio di stato rileva che non sono stati forniti elementi ed informazioni atti a dimostrare l’effettiva sussistenza delle condizioni e dei requisiti sopra richiamati, ma si è limitata ad affermare la loro sussistenza.

Inoltre, non è stata fornita la scheda di verifica di impatto sulla regolazione (V.I.R.), nonostante l’attività di recupero e smaltimento delle batterie esauste sia già prevista e in essere ai sensi dell’articolo 184-ter e del D.M. 12 giugno 2002, n. 161, e la Commissione europea abbia prodotto in data 9 aprile 2019 la Relazione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni relativa all’attuazione della direttiva 2006/66/CE. Infine, i giudici rilevano che il D.M. 12 giugno 2002, n. 161 - che all’allegato 1, punto 1.4, tratta delle “batterie al piombo esauste e di scarto e loro parti” - non è citato nel preambolo dello schema.

In sostanza, il Consiglio di Stato invita a integrare la documentazione:

- illustrando gli elementi e le informazioni atti a dimostrare l’effettiva sussistenza delle condizioni e dei requisiti richiesti dall’articolo 184-ter, comma 1;
- dando conto dell’esperienza finora maturata e dei risultati conseguiti nello specifico settore, in esecuzione dell’articolo 184-ter e del D.M. 12 giugno 2002, n. 161;
- chiarendo il tipo di trattamento e di destinazione cui sono sottoposti gli altri materiali di scarto e delle altre componenti pericolose, derivanti dalla frantumazione delle batterie e delle pile al piombo-acido;
- più in generale, illustrando le ragioni della scelta di incentrare l’ambito del presente regolamento sulla materia in esame, escludendo altre possibili opzioni di intervento normativo, come ad esempio quella di regolare in termini unitari e generali tutta la materia del trattamento dei rifiuti derivanti anche da altre tipologie di batterie e pile (ad esempio, al nichel-cadmio, al litio e industriali).

Oltre alle integrazioni documentali, il Consiglio di Stato ha chiesto al ministero della Transizione Ecologica di fornire dettagli sulle proposte ricevute (ed eventualmente accettate, durante i tavoli di lavoro con Ispra, operatori e associazioni di settore consultati, nonché l’effettivo superamento dei rilievi ostativi manifestati dall'Istituto Superiore di Sanità, che in un primo parere aveva escluso di poter affermare che il pastello di piombo recuperato non comporta impatti negativi complessivi sulla salute umana e sull’ambiente.

Infine, il problema dei controlli: i giudici osservano che lo schema di provvedimento non individua adeguatamente i criteri e le modalità di effettuazione degli stessi e sottolinea la necessità di un apposito “piano dei controlli”, nonché di efficaci e costanti strumenti di monitoraggio.