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Impatto Ambientale

Avete pensato a un piano B nello studio di impatto ambientale del vostro progetto? Il buon esito della VIA, la Valutazione di Impatto Ambientale, e dunque delle autorizzazioni, dipende anche da questo. In realtà, oltre al piano B, serve anche un piano C. E, per avere maggiori possibilità di successo, è sempre meglio inserire quante più opzioni possibili. Compresa la possibilità meno desiderata: quella di non mettere in pratica il progetto. La dritta, che in realtà è un obbligo, arriva direttamente al Consiglio di Stato.

Il più alto grado della giustizia amministrativa ha infatti nuovamente ribadito che chi propone un progetto da sottoporre alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, nel relativo studio di impatto ambientale deve indicare tutte le alternative ragionevoli al progetto, compresa l’alternativa zero – ovvero quella che prevede la non realizzazione dell'opera e dunque descrive cosa accadrebbe nel caso in cui il progetto non fosse affatto realizzato - indicando le ragioni alla base dell’opzione scelta.

Tutto nasce in un’area che sarebbe dovuta diventare un campo da golf, in Abruzzo, 15 anni fa. Il campo da golf, per la cronaca, è un progetto che è rimasto solo sulla carta. Il soggetto che lo voleva realizzare, nel suo studio di impatto ambientale, aveva omesso la ricerca di siti alternativi e la Regione, nella Valutazione di Impatto Ambientale, aveva espresso parere negativo. Il proponente decide quindi di impugnare la VIA e si finisce al TAR. Il Tribunale Amministrativo Regionale gli dà ragione. Uno dei motivi principali è il seguente:

- il mancato espletamento di ricerche per il rinvenimento di siti alternativi non è un compito che spetta al proponente e che richiede un'istruttoria particolarmente costosa e complessa;

Segue, come vuole la prassi, l’appello della Regione e alla fine si arriva al Consiglio di Stato, che riforma la sentenza del TAR.

In particolare, i giudici rimandano all’articolo 22, comma 3, lettera d) del Dlgs n. 152/2006:

“Lo Studio di impatto ambientale deve contenere almeno le seguenti informazioni […] una descrizione delle alternative ragionevoli prese in esame dal proponente, adeguate al progetto ed alle sue caratteristiche specifiche, compresa l'alternativa zero, con indicazione delle ragioni principali alla base dell'opzione scelta, prendendo in considerazione gli impatti ambientali".

Il Consiglio di Stato, in sostanza, ribadisce la necessità di mettere nero su bianco le alternative. E nel farlo si autocita, ricordando una sentenza del 2016, la 1225:

“La valutazione d'impatto ambientale non comporta una generica verifica di natura tecnica circa l'astratta compatibilità ambientale dell'opera, ma implica la complessiva e approfondita analisi comparativa di tutti gli elementi incidenti sull'ambiente del progetto unitariamente considerato, al fine di valutare in concreto, alla luce delle alternative possibili e dei riflessi della stessa cosiddetta opzione-zero, il sacrificio imposto all'ambiente rispetto all'utilità socio-economica perseguita”.

I giudici amministrativi, di fatto, si appellano al concetto di sviluppo sostenibile, che richiede di calibrare le esigenze di tutela dell’ambiente e il perseguimento dell’obiettivo di una crescita economica virtuosa.

Lo strumento principale per verificare la compatibilità e sostenibilità ambientale di determinati progetti di sviluppo del territorio è proprio la V.I.A: la procedura di valutazione di impatto ambientale.

La V.I.A. è un procedimento di natura tecnico-amministrativo capace di individuare preventivamente gli effetti che determinati progetti possono comportare sull’ambiente, al fine di giudicarne la compatibilità con lo stesso e individuare le soluzioni più adatte a uno sviluppo sostenibile.

Questa valutazione implica una complessa e approfondita analisi tesa a valutare il sacrificio ambientale rispetto all’utilità socio economica, tenuto conto anche delle alternative possibili.

La complessità della procedura, talvolta, può indurre in errori che potrebbero facilmente essere evitati. Uno di questi riguarda appunto il cosiddetto “Piano B”.

Ricapitolando, lo studio di impatto ambientale deve contenere:

1- descrizione del progetto, comprendente informazioni relative alla sua ubicazione e concezione, alle sue dimensioni e ad altre sue caratteristiche pertinenti

2- descrizione dei probabili effetti significativi del progetto sull'ambiente, sia in fase di realizzazione che in fase di esercizio e di dismissione

3- descrizione delle misure previste per evitare, prevenire o ridurre e, possibilmente, compensare i probabili impatti ambientali significativi e negativi

4- descrizione delle alternative ragionevoli prese in esame dal proponente, adeguate al progetto ed alle sue caratteristiche specifiche, compresa l'alternativa zero, con indicazione delle ragioni principali alla base dell'opzione scelta, prendendo in considerazione gli impatti ambientali

5- progetto di monitoraggio dei potenziali impatti ambientali significativi e negativi derivanti dalla realizzazione e dall'esercizio del progetto

6- qualsiasi informazione supplementare relativa alle caratteristiche peculiari di un progetto specifico o di una tipologia di progetto e dei fattori ambientali che possono subire un pregiudizio

Questi gli elementi fondamentali, che tuttavia da soli non bastano a garantire il buon esito della valutazione.

Quali sono le attività da pianificare nella realizzazione degli studi di impatto ambientale? Quali sono gli strumenti e le metodologie per la valutazione degli impatti ambientali?

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