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Deposito Temporaneo

Sei un’azienda e vuoi posizionare i rifiuti derivanti dalla tua attività in un’area diversa da quella in cui vengono fisicamente prodotti, in attesa che un incaricato venga a ritirarli? Puoi farlo, ma a una condizione: quell’area deve essere funzionalmente collegata e nella disponibilità dell’impresa stessa. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, con la sentenza 8498/2021, che ricorda l’evoluzione giurisprudenziale della nozione di “deposito temporaneo”.

La tanto tormentata definizione di deposito temporaneo di rifiuti, contenuta nel Codice Ambientale, è stata modificata dal Decreto Legislativo 116/2020 che ha recepito la lettura interpretativa che la giurisprudenza ha sempre dato a tale istituto.

Ecco di cosa si tratta.

Il riformatore, all’articolo 185 bis del Decreto Legislativo 152/2006, ha specificato che il “deposito temporaneo prima della raccolta” è effettuato nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti da intendersi quale l'intera area in cui si svolge l'attività che ha determinato la produzione dei rifiuti.

In questo modo, il legislatore ha abbracciato l’interpretazione giurisprudenziale, ribadita nella sentenza della Corte di Cassazione n. 8498 del 2021, in forza della quale il deposito temporaneo dei rifiuti può essere effettuato anche nei luoghi, a disposizione della stessa impresa, contigui e funzionalmente collegati al luogo di produzione.

Il “collegamento funzionale” sussiste non solo quando l’area utilizzata per il deposito sia contigua all’area di produzione del rifiuto ma anche quando l’area, a tal fine utilizzata, pecca di una sua autonoma utilizzazione in concreto diversa da quella accertata dovendo essere dotato di tutti i presidi.

Cosa significa?

Significa che il deposito temporaneo dei rifiuti può essere effettuato anche in un luogo che si trovi a una certa distanza dall’impianto di produzione, purché collegato funzionalmente a quest’ultimo, pertanto non è ammesso un deposito in un sito distante numerosi chilometri dall’impianto di produzione seppur di proprietà della stessa attività che ha prodotto il rifiuto. 

Ma cos’è il deposito temporaneo di rifiuti?

Il nuovo articolo 183 comma 1, lettera BB) ha specificato che il “deposito temporaneo prima della raccolta” consiste nel raggruppamento dei rifiuti ai fini del loro trasporto in un impianto di recupero e/o di smaltimento, effettuato prima della raccolta.

Quindi, il deposito temporaneo si colloca in una fase anteriore rispetto all’attività di gestione dei rifiuti che consiste nella raccolta, nel trasporto, nel recupero, compresa la cernita, e lo smaltimento.

Il deposito temporaneo deve essere effettuato nel rispetto delle seguenti condizioni:

1. I rifiuti non possono essere immessi alla rinfusa, ma devono essere raggruppati per categorie omogenee in osservanza delle relative norme tecniche tra le quali campeggia la normativa in tema di imballaggi ed etichettatura.

2. Il produttore può gestire il deposito secondo due diverse modalità:
    - Raccogliere i rifiuti e avviarli alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito
    - Raccogliere i rifiuti e avviarli al recupero o allo smaltimento quando il loro quantitativo in deposito raggiunge complessivamente i 30 metri cubi di cui, al massimo, 10 metri cubi di rifiuti pericolosi.

In ogni caso vale la regola secondo cui la durata massima del deposito temporaneo, anche se non supera i predetti limiti, non può protrarsi per più di un anno.

Importante da tenere a mente è che l’osservanza delle condizioni oggettive del luogo di produzione dei rifiuti, di tempo, di organizzazione tipologica, delle norme tecniche, è essenziale per la configurabilità di un deposito temporaneo il quale, occorre sottolineare, non è sottoposto ad alcuna autorizzazione.

Quindi attenzione, perché il mancato rispetto anche di una sola delle previste condizioni significa violare la predetta normativa con conseguenziale responsabilità amministrativa e penale.